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Dott. Arturo Mona - Studio di Psicoterapia a Roma: bambini, adolescenti, adulti, coppie

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Cosa è la FSC

La Facilitazione Sperimentale della Comunicazione è un nuovo approccio allo studio ed al trattamento delle problematiche della comunicazione. Nella FSC vengono selezionati programmi di incremento delle competenze comunicative specifici per le potenzialità e difficoltà caratteristiche di ogni singola persona. La verifica sperimentale dei risultati conseguiti alla fine di ogni fase dell’intervento consente una ridefinizione cadenzata degli obiettivi e delle tecniche impiegate. A conclusione dell’intervento viene addestrata la famiglia all’uso delle tecniche di facilitazione della comunicazione più idonee per il proprio figlio/figlia.

Diversi di anni di studio e di esperienza rispetto agli aspetti strutturali e psicopatologici della comunicazione umana (sia in ambito evolutivo che con persone adulte) sono alla base dell’ideazione di questo approccio sperimentale alla facilitazione della comunicazione.

Ritengo importante sottolineare, fra le altre: la formazione relativa alla Pragmatica della Comunicazione (elaborata dal Prof. Paul Watzlawick del Mental Research Institute di Palo Alto-CA) presso l’Istituto per lo Studio delle Psicoterapie (ISP); la formazione sulla comunicazione e sulle relazioni interpersonali affrontata nella mia formazione accademica come psicologo clinico e successivamente approfondita all’interno della scuola quadriennale di specializzazione in psicoterapia strategico-costruttivista; le competenze sviluppate presso l’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) nell’utilizzo della tecnica della Comunicazione Facilitata; ultima, ma non di importanza, l’esperienza maturata negli ultimi otto anni all’interno dell’Associazione o.n.l.u.s. Gli Argonauti nella terapia e riabilitazione cognitiva/psicosociale di persone con Disturbo dello Spettro Autistico.

Il presupposto metodologico della FCS è la ricerca sperimentale su caso singolo. Questa, nella pratica, comporta una misurazione oggettiva dell’efficacia dell’intervento rispetto alla singola persona utente. Con questa impostazione è possibile adottare, durante la realizzazione dell’intervento stesso, differenti tecniche sulla base del cambiamento delle esigenze della persona che usufruisce del trattamento.

 

Fondamenti teorici generali della FSC

· Comunicazione come processo

Come per la maggior parte dei concetti appartenenti alle Scienze Sociali, della comunicazione esiste un gran numero di definizioni. Secondo una ricerca del 1976 ne erano state proposte, sino ad allora, ben 156 (Bettetini, 1993).

Uno dei primi modelli teorici sulla comunicazione è quello di Shannon e Weaver, noto come Teoria matematica della comunicazione.

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                                     E = emittente

                                     R= ricevente

 

Nell’ambito dei disturbi della comunicazione è a parer mio attualmente questo il modello di comunicazione implicitamente assunto da molti operatori.

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Una volta ipotizzato un deficit a carico dell’Emittente del messaggio, l’obiettivo dell’intervento consiste nel far recuperare al paziente la funzionalità mancante. Altrimenti, come avviene per esempio nella Comunicazione Facilitata, individuato un canale efficace per l’espressione di segnali comunicativi, esso viene considerato risolutivo dell’iniziale deficit comunicativo.

La comunicazione è invece un processo estremamente più complesso, e pertanto necessita di una analisi più articolata anche nella scelta dell’intervento e nella definizione degli obiettivi a medio e lungo termine.

La FSC fa riferimento ad una integrazione funzionale di vari modelli sulla comunicazione, ciascuno saliente per aspetti differenti del processo. Nella fattispecie meritano di essere menzionati i seguenti contributi teorici: lo studio sulla pragmatica della comunicazione umana effettuato presso il Mental Research Institute di Palo Alto (California) sotto la guida del Prof. Paul Watzlawick (1971,1997), uno dei docenti più influenti del mio percorso di specializzazione; il contributo socio-antropologico della prima cibernetica nella comunicazione umana (Bateson, 1984); la cornice epistemologica del costruttivismo e del costruzionismo sociale (von Glasesfeld, 1997; Fruggeri, 1998; Harré e Gillett, 1994); alcuni originali contributi della (PNL) programmazione neurolinguistica (Bandler e Grinder, 1981); la psicologia narrativa di Jerome Bruner (1990; Polkinghorne, 1988).

 

· Prima cibernetica

Con il termine cibernetica N.Wiener nel 1949 descrive la teoria dei sistemi complessi capaci di autoregolazione e dei processi di comunicazione (sia nelle macchine che tra uomini). La prima cibernetica nacque come studio interdisciplinare interessato ai problemi di controllo, ricorsività e autocorrezione all’interno di sistemi complessi.

Per ciò che riguarda la comunicazione, nella prima cibernetica viene introdotto il concetto di feed-back, ossia l’informazione di ritorno che segue alla ricezione di un messaggio.

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In altre parole l’attenzione della prima cibernetica è posta sulla “circolazione” delle informazioni, e pertanto sul processo circolare degli scambi comunicativi.


· Pragmatica della comunicazione

Paul Watzlawick, che ho l’onore di avere avuto fra i miei docenti nel percorso di specializzazione in psicoterapia breve-strategica, è l’esponente più illustre della Scuola di Palo Alto che, dagli anni ’60 studia, con un approccio multidimensionale, la comunicazione umana, prendendo in considerazione anche gli aspetti patologici e disfunzionali della comunicazione. L’assunto di base di questo approccio è che la comunicazione non è un fenomeno unidirezionale (da chi parla a chi ascolta) bensì un processo interattivo tra le persone che stanno comunicando. A ciò consegue che non è tanto importante il messaggio in sé stesso, o i singoli elementi della comunicazione, bensì il modo in cui essi influenzano le persone.

Infatti, la Scuola di Palo Alto ha approfondito lo studio della pragmatica della comunicazione umana, che potremmo altrimenti definire una psicologia del comportamento che indaga l’interdipendenza tra l’individuo ed il suo ambiente.


· Costruttivismo e costruzionismo sociale

Il costruttivismo è una teoria della conoscenza, ossia un paradigma conoscitivo che interessa svariati campi del sapere umano, dalla biologia alle scienze politiche.

Sebbene i suoi precursori filosofici si possano individuare in Giambattista Vico ed Immanuel Kant, è soltanto dagli anni Ottanta che la rivoluzione costruttivistica si è imposta nel panorama ufficiale della comunità scientifica (Hale-Haniff, Pasztor, 1999; Fruggeri, 1998).

Il processo di conoscenza non è un passivo recepire informazioni date nella “realtà”. La nostra visione del mondo non è una sua fedele riproduzione, ma è il risultato di una costruzione che ogni individuo elabora, individualmente, all’interno di un processo sociale di “negoziazione” su quella che è la “realtà” (von Glasersfeld, 1997; Hale-Haniff, Pasztor, 1999; Gergen, 1998; Harré, Gillett, 1994).

 

· Programmazione neurolinguistica

La programmazione neurolinguistica è stata elaborata da R. Bandler e J.Grinder (1981) e racchiude contributi di molteplici approccio, sia teorici che clinici. Tra questi è possibile ricordare l’originale approccio psicoterapeutico di Milton Erikson. Nella PNL sono indagati gli aspetti non verbali della comunicazione al fine di individuare gli aspetti inconsapevoli che le persone esprimono all’interno delle interazioni comunicative. In altre parole, la PNL è un insieme di tecniche finalizzate ad una comprensione degli scambi comunicativi che vada al di là dei contenuti intenzionalmente e consapevolmente espressi.


· Psicologia narrativa e culturale

Alcuni Autori (Bruner, 1990; Harré, Gillett, 1994; Polkinghorne, 1988) sostengono che la psicologia, nell’affannosa ricerca di oggettività per meritarsi un posto fra “le scienze”, non ha prestato sufficiente attenzione al ruolo che i significati rivestono nell’esperienza umana.

A partire dagli anni ’50, il paradigma positivistico ha privilegiato gli aspetti “nomotetici” della psicologia a discapito di quelli “idiografici”. Ciò ha comportato che la ricerca di leggi generali ha preso il posto dello studio delle singole specificità delle vite umane. Conseguentemente, sono stati trascurati i significati percepiti in relazione agli eventi oggettivi, ritenuti questi ultimi l’unico oggetto di studio della psicologia.

Solo tra gli anni ’70 ed ’80 si è cominciato a focalizzare l’attenzione sulle narrazioni, sia su quelle dell’individuo che su quelle dei suoi contesti culturali. Un tale slittamento di prospettiva ha consentito di entrare in contatto con il sistema di significazione della realtà del paziente, di poter sbirciare il mondo dalla sua particolare e unica prospettiva.

Attualmente, la psicologia narrativa si occupa di contenuti e forme delle narrazioni individuali e del loro rapporto con contenuti e forme delle narrazioni socialmente condivise. Il campo di lavoro così demarcato orienta lo psicologo verso il processo di attribuzione di significato alle esperienze. Soprattutto, l'attenzione è incentrata sulla costruzione personale e individuale dei significati (Murray, 1995; cfr. sito Dulwich Centre).

Il processo di significazione della realtà, inoltre, è profondamente influenzato dalle narrazioni socialmente condivise che le culture propongono ai singoli individui. Le narrazioni di ogni individuo non possono che essere intimamente connesse alla sua matrice culturale di appartenenza (Polkinghorne, 1988; Gergen, 1998; Hale-Haniff, Pasztor, 1999; cfr. sito Dulwich Centre).


· Modello della comunicazione nella FSC

All’interno di questa impostazione viene attribuito un ruolo cruciale ai diversi livelli che compongono (o che possono essere coinvolti) nei processi comunicativi.

In primo luogo vengono indagati, per tutti i livelli delle comunicazione, le competenze sia espressive che recettive della persona a cui è rivolto l’intervento.

I livelli presi in considerazione vertono sulle componenti sia verbali che non-verbali della comunicazione. Per quanto non sia possibile effettuarne una stima precisa, è opinione condivisa dalla comunità scientifica che il ruolo degli aspetti non-verbali della comunicazione sia predominante rispetto a quello degli aspetti verbali.

In molte tecniche di sostegno alla comunicazione l’attenzione viene prevalentemente posta sulle componenti verbali e di contenuto esplicito dei messaggi. Ritengo doveroso evidenziare come l’efficacia di interventi di supporto alla comunicazione verbale rischi di essere notevolmente indebolita dalla tendenza a trascurare gli aspetti cruciali della comunicazione non-verbale (postura, mimica, contatto oculare, prossemica, etc.) sia in fase di osservazione, ma soprattutto in fase di intervento.

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Livelli di analisi della FSC

In linea con quanto sostenuto precedentemente, i livelli di analisi presi in considerazione dalla FSC sono così raggruppati:

AREA VERBALE

 Vocale

 Scritto (manuale)

 Scritto (digitale)

 

AREA NON-VERBALE

 Cinesica (occhi, viso, bocca, testa; movimenti del corpo; postura; gesti)

 Prossemica (distanza, contatto, posizione nella stanza)

 Pralinguistica (pause, tono, timbro, intensità, velocità)

 Digitale

 Grafico

 Musicale

 

· Studio dinamico dei Profili/Stili Cognitivi piuttosto che valutazione statica delle Abilità

 

Il tema dell’intelligenza è, sin dalle origini della psicologia un tema controverso. In particolare la valutazione delle abilità cognitive è stato, e per molti aspetti lo è tutt’ora, l’approccio più frequente allo studio del funzionamento cognitivo.

Un più innovativo approccio allo studio dell’intelligenza è quello che si propone un’osservazione dettagliata delle modalità di raccolta ed elaborazione delle informazioni tipiche di una singola persona. In questo modo è infatti possibile comprendere lo stile conoscitivo di ogni persona. Conseguentemente è quindi possibile definire interventi e percorsi formativi che sfruttano pienamente le potenzialità di ciascun individuo e, d’altro canto, tengono conto di eventuali aree di difficoltà specifiche. In breve, conoscere il profilo cognitivo di un individuo (piuttosto che una più sintetica indicazione sull’Età Mentale) consente, sia al professionista che alla famiglia di focalizzare i punti forti ed i punti deboli di quella singola persona (Lohman e Rocklin, 1995; Furnham, 1995).

 

Fondamenti teorici della FSC nell’Autismo

 

· Ruolo del deficit nella teoria della mente

Un aspetto che da diversi anni ha ormai attirato l’attenzione di studiosi e ricercatori nell’ambito dell’Autismo è l’ipotesi del deficit nella teoria della mente. I teorici di questo orientamento suppongono che all’individuo con Autismo manchi, o sia danneggiata la capacità metarappresentazionale: non sono in grado di attribuire correttamente alle altre persone stati mentali come conoscenze e credenze; al contrario il loro pensiero su ciò che accade e sulle azioni di chi li circonda si fonda solo sugli eventi osservabili della realtà. In altri termini, non hanno la capacità di mentalizzare. Tale funzione potrebbe essere innata (Happé, 1994: 38-39; Baron-Choen et al., 1993: 112-121).

In particolare questa difficoltà si colloca alla base di una numerosa serie di impedimenti nella interazione sociale, nello svolgersi degli scambi comunicativi, sia in termini di qualità che di quantità delle comunicazioni e delle narrazioni prodotte (Bruner e Feldman, 1993).

Nella FSC sono previsti specifici interventi di potenziamento delle competenze metarappresentazionali, quando sono riscontrate difficoltà specifiche relative a quest’area dell’interazione sociale.

 

· Ruolo dell’ansia e della gestione dei vissuti emotivi

Molti Autori hanno sottolineato il ruolo che le emozioni e la gestione delle emozioni hanno nella vita delle persone con Autismo. In particolare, rispetto alle difficoltà nell’area delle comunicazione e dell’interazione sociale, Tinbergen (1984) ha sostenuto che nelle valutazioni delle competenze in ambito sociale, le persone con Autismo hanno un basso rendimento poiché non sono riescono ad esprimere adeguatamente le proprie potenzialità. Difatti è frequente che l’ansia sociale renda i contesti comunicativi ingestibili.

La FSC, come già descritto, è un metodo globale di trattamento della comunicazione, pertanto è in grado di tener conto anche degli aspetti emotivi coinvolti nei processi comunicativi. Per esempio, il non riuscire a pronunziare il proprio nome quando viene richiesto non viene automaticamente considerato come incapacità verbale; si tiene invece conto anche di ciò che succede contestualmente alla richiesta effettuata: se la persona mostra un aumento di risposte non-verbali d’ansia si ritiene possibile che la capacità sia effettivamente presente ma che la risposta appropriata sia stata impedita da un sovraccarico emozionale. Di conseguenza, nell’intervento, si cercheranno canali meno ansiogeni per l’utente attraverso cui potenziare le competenze comunicative.

     

· Ruolo della famiglia nel potenziamento delle competenze comunicative

Un ruolo estremamente importante è quello svolto dalla famiglia e dalle altre persone psicologicamente significative per la persona con disturbo della comunicazione, in particolare se il disturbo è di tipo autistico.

L’immagine che gli altri hanno dell’utente e delle sue possibilità comunicative è alla base della qualità e difficoltà delle richieste che sistematicamente gli vengono rivolte. A questo riguardo colpisce la drammaticità delle dichiarazioni di alcune persone con Autismo che, tramite la tecnica della Comunicazione Facilitata hanno con rabbia lamentato il fatto di essere stati trattati come ‘ritardati’ quando invece la loro principale difficoltà era di tipo espressivo (Connor, 1993).

Nella FSC l’attenzione ai con-testi di produzione della comunicazione (oltre che soltanto ai testi) è una chiave di comprensione indispensabile per accedere ai processi disfunzionali che ostacolano la comunicazione interpersonale.

 

· Ruolo del Sostegno Fisico/Psicologico

Molto spesso viene sottovaluto il ruolo del sostegno nel potenziamento delle competenze comunicative. In particolare nei soggetti che hanno difficoltà nell’abito del linguaggio e/o della interazione sociale, la possibilità di sviluppare maggiori abilità comunicative è condizionata fortemente dal sostegno fornito dall’ambiente circostante.

A questo proposito, ritengo particolarmente importanti le considerazioni di alcuni importanti teorici della Comunicazione Facilitata, tecnica nei confronti della quale la FSC, pur in una chiara differenziazione, mantiene delle connessioni applicative rilevanti.

Come è probabilmente noto, nella Comunicazione Facilitata è centrale il ruolo del sostegno che il ‘facilitatore’ fornisce al ‘facilitato’ sorreggendo il polso della mano con cui quest’ultimo digita le lettere sulla tastiera. D’altra parte è cruciale un altro tipo di sostegno, quello psicologico, consistente nella fiducia per così dire incondizionata che il ‘facilitato’ possegga capacità e potenzialità maggiori a quelle che abitualmente ci si aspetta da lui. Questo secondo tipo di sostegno viene considerato almeno altrettanto importante di quello fisico (Biklen, 1990; Cadei, 1996; Sonnenmeier, 1993).


· Ruolo dell’Aprassia nei Disturbi dello Spettro Autistico

A spiegazione del funzionamento della Comunicazione Facilitata con persone affette da Autismo è stata posta, sin dalle prime teorizzazioni, l’ipotesi dell’aprassia (Biklen, 1990).

Rispetto al ruolo effettivamente svolto dall’aprassia nell’Autismo si sono nel tempo susseguite molteplici dibattiti. Per esempio, nel famoso articolo pubblicato su American Psychologist Jacobson et al. (1995) contestano l’esistenza di questa correlazione fra Autismo ed aprassia in quanto non vi sono evidenze scientifica.

Pur senza entrare nel merito di questo dibattito, mi sembra doveroso sottolineare come attualmente è possibile ipotizzare che non tutte le persone con diagnosi di Autismo condividano uno stesso percorso eziopatogenico. In altre parole, seppure a fronte di uno stesso quadro sintomatico, le cause e le modalità di sviluppo dell’Autismo non sono necessariamente le stesse.

Conseguentemente è lecito supporre che se per alcune persone una forma nascosta di aprassia può costituisce un effettivo ostacolo alla comunicazione, per altri individui possono invece essere altri i reali impedimenti e di conseguenza devono essere differenti gli approcci da adottare per l’incremento della comunicazione.

 

Organizzazione di un Intervento di FSC


La FSC comporta un approccio globale alle competenze comunicative di una persona. A seconda del tipo di difficoltà e risorse rilevate, lo Sperimentatore propone l’utilizzo di una o più tecniche fra una serie di Programmi di Intervento predefiniti. In alcuni casi è possibile l’introduzione di Programmi di Intervento personalizzati, ideati cioè appositamente per un singolo utente.

Coerentemente con l’impostazione sperimentale dell’intervento, nella realizzazione di un intervento si susseguono ciclicamente fasi di Osservazione e fasi di Intervento. Le fasi di osservazione hanno durata di una settimana, mentre le fasi di Intervento hanno una durata di 3 settimane.

 

TSPLOT di L. V. (09/2003 - 11/2003)
 

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La durata complessiva di un intervento viene stabilita a conclusione di un iniziale periodo di osservazione è varia fra i 6 ed i 12 mesi. Sono comunque previsti dei follow up e degli interventi integrativi successivi, su richiesta della famiglia utente.

A conclusione dell’intervento viene offerto un addestramento ai familiari nell’utilizzo autonomo dei Programmi di Intervento rivelatisi più vantaggiosi per l’utente.

Tra i Programmi di Intervento elenchiamo, fra gli altri:

     tecniche di verbalizzazione

     tecniche di drammatizzazione

     addestramento ai copioni di interazione (comic strip conversation)

     addestramento alla teoria della mente (social skills stories software project)

     dialogo sonoro (musicoterapia evolutiva)

     facilitazione della comunicazione con sostegno fisico (con eventuale ricontestualizzazione di interventi di comunicazione facilitata)

     esperienze sociali di comunicazione in gruppo

     tecniche pittoriche espressivo

     verbalizzazione di produzioni espressive scritte, grafiche e/o musicali/sonore
 

Ciascuna tecnica viene adattata alle caratteristiche del singolo utente, così come gli obiettivi a medio e lungo termine ad esse relative.

 

Sintesi schematica di un Intervento di FSC

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Riferimenti Bibliografici

Baron-Choen S., Tager-Flusberg H. e Choen D. (1993) Understanding Other Minds: Perspective from Autism. Oxford University Press.
Bandler R. e Grinder J. (1981) La struttura della magia. Astrolabio: Roma.
Bateson G. (1984) Mente e natura. Adelphi: Milano.
Bettetini G. (1993 ) Semiotica della comunicazione d’impresa. Bompiani: Milano.
Biklen D. (1990) Communication unbound: autism and praxis. Harward Educational Review.
Bruner J. e Feldman C. (1993) Theories of Mind and the Problem of Autism. In Baron-Choen S, Tager-Flusberg H. e Choen D.J. (eds.) Understanding Other Minds. Oxford University Press, 267-291.
Bruner J. (1990) Acts of meaning. Tr. it. (1992) La ricerca del significato. Bollati Boringhieri: Torino.
Cadei P. Comunicazione facilitata. In occasione del Convegno Internazionale Sulla Comunicazione Facilitata, Roma 25/26 maggio 1996
-Connor E. (1993) Why Retards are Sad in This World. Facilitated Communication Digest 1 (2), 3-4.
Fruggeri L. (1998) Dal costruttivismo al costruzionismo sociale. Psicobiettivo, 18 (1), 37-48.
Furnham A. (1995) The Relationship of Personality and Intelligence to Cognitive Learning Style and Achievement. In Saklofske D.H. e Zeidner M. (eds.) International Handbook of Personality and Intelligence. Plenum Press: New York, 397-413.
Gergen K.J. (1998) The place of the psyche in a constructed world. .
Hale-Haniff M. e Pasztor A. (1999) Co-constructing subjective experience: A constructivist approach. http://hubcap.clemson.edu/psych/Dialogues/16.0.html.
Happé F. (1994) Autism: an introduction to psychological theory. London: UCL Press.
Harré R. e Gillett G. (1994) The discursive mind. Sage: Thousand Oaks (CA).
Jacobson J. W., Mulick J. A. Schwartz A. A. (1995) A History of Facilitated Communication. American Psychologist, 50 (9), 750-765. Trad. it. (1997) Comunicazione Facilitata: Scienza, Pseudoscienza e Antiscienza. Difficoltà di Apprendimento, 3 (2), 183–206.
Lohman D.F. e Rocklin T. (1995) Current and Recurring Issues in the Assessment of Intelligence and Personality. In Saklofske D.H. e Zeidner M. (eds.) International Handbook of Personality and Intelligence. Plenum Press: New York, 447-474.
Polkinghorne D. (1988) Narrative knowing and the human sciences. State University of New York: Albany.
Shannon C. e Weaver W. (1971) La teoria matematica delle comunicazioni. Etas Kompass: Milano.
Sonnenmeier R. (1993) Co–construction of messages during facilitated communication. Facilitated Communication Digest, 1 (2) 7–9
Tinbergen N. e Tinbergen E.A. (1984) Autismus bei Kindern. Autistic Children. New Hope for a Cure. Verlag Paul Parey, Berlin und Hamburg. Ed. it. (1989) Bambini Autistici. Nuove Speranze di Cura. Adelphi.
von Glasersfeld, E. (1997) Il costruttivismo radicale, ovvero la costruzione della conoscenza. In Watzlawick, P., Nardone, G. (a cura di) Terapia breve strategica. Raffaello Cortina Editore: Milano, 19-30.
Watzlawick P., Beavin J.H. e Jackson D.D. (1971) Pragmatica della comunicazione umana. Astrolabio: Roma.
Watzlawick P. e Nardone G. (1997) Terapia breve strategica. Raffaello Cortina Editore: Milano.
 

 

© Arturo Mona 2004.

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