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Vivere con ‘naturalezza’. Verso una ‘ecologia psicologica’. |
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Vivere con naturalezza Naturalezza è un termine è ambiguo, da un punto di vista psicologico. Molti pazienti arrivano lamentando che le loro reazioni non sono (o non sono più) ‘naturali’. La prima parte del lavoro sta nel chiedersi cosa mai sarebbe naturale, e si scopre che c’è sempre qualcosa di vago, inafferabile e/o idealizzato a dare fastidio...Se guardiamo ad un buon libro di antropologia scopriamo che di veramente naturale, per tutti gli uomini, in tutte le epoche e in ogni posto, non c’è quasi niente: costumi, valori, abitudini, regole sociali e lo stesso concetto di sanità mentale. Per questo motivo non ci sentiremo più ‘naturali’, sani, spontanei se, cercando solo al di fuori di noi stessi, guardiamo ad un nostro modello/mito, a chi ci sta intorno, alle regole sociali, alle tradizioni e così via. Per essere più in sintonia con noi stessi, con la nostra vita e con il nostro contesto diventa importante chiederci, cosa sentiamo naturale per noi e cosa sentiamo invece artificiale, eccessivo, sproporzionato. E molte volte ciò che noi sentiamo molto innaturale per noi è proprio qualcosa che apparentemente è del tutto naturale per gli altri!
Stare bene vuol dire poter sentire che pensieri, sensazioni, emozioni, motivazioni e comportamenti si intrecciano con naturalezza nella trama di un vivere quotidiano intenso, appagante ed equilibrato. Ciò che sentiamo profondamente naturale, può esserlo solo per noi: singolo e unico è il nostro DNA; specifica e irripetibile è la nostra storia, dal concepimento sino ad adesso.
Quando iniziamo ad avvertire la senzazione di ‘reazione innaturale’ ci sentiamo disorientati e confusi. Magari finiamo a leggere bellissimi libri di psicologia o di antropologia che ci danno risposte, ma non bastano a farci stare meglio. Più di risposte generali e valide per tutti, abbiamo bisogno di domande per noi stessi: chiederci come stiamo noi, cosa ci fa stare bene veramente, cosa vogliamo profondamente.
Una scheda per chiarirsi le idee Questa Scheda ripercorre in sintesi alcuni passaggi iniziali ma decisivi del processo terapeutico. In periodi di disagio, malessere o disorientamento, questa scheda aiuta ad analizzare le proprie reazioni ed il loro significato, nonché a porsi domande utili per affrontare, elaborare e superare le proprie difficoltà. |
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Istruzioni per la
compilazione
È importante compilare la scheda con attenzione e
concentrazione, in un posto e in un momento in cui non verremo
distratti, disturbati o interrotti.
In primo luogo identificare un episodio recente e
significativo in cui il nostro comportamento o le nostre reazioni
sono state per noi stessi sproporzionate, eccessive, anormali,
disfunzionali, incoerenti o fuori luogo.
Una
volta scelto l'episodio, rivediamolo
mentalmente nel suo
svolgersi e descriviamolo nella sezione SITUAZIONE.
La descrizione deve essere oggettiva
e concreta,
focalizzata sui fatti così
come si sono svolti, spiegata
come se parlassimo a
qualcuno che non sa assolutamente nulla di noi e degli eventi che
sono accaduti. Eventualmente riportiamo anche cose che sono accadute
subito prima e che possono averci influenzato.
Successivamente,
ripensiamo mentalmente a quel momento e scriviamo i
pensieri più rilevanti e significativi nell'apposita sezione
PENSIERI. Valutiamo l'intensità che aveva ciascuno dei
pensieri su una scala che va da un minimo di 0 a un massimo di 10 e
disegniamo un cerchio O intorno
al numero corrispondente.
Quindi,
riviviamo
mentalmente
tutto l'accaduto e riportiamo i vissuti e le sensazioni emotive che
abbiamo provato nella sezione EMOZIONI.
Valutiamo l'intensità che aveva ciascuno dei vissuti e delle
sensazioni emotive su una scala che va da un minimo di 0 a un massimo
di 10 e disegniamo un cerchio O
intorno
al numero corrispondente
Dopo
di ciò rileggiamo
con
cura tutto ciò che abbiamo scritto.
Soffermiamoci
sui
pensieri che abbiamo annotato precedentemente e chiediamoci qual è
secondo noi l'intensità che sentiamo più 'naturale',
più appropriata, più funzionale per ciascun pensiero in
quella situazione. Valutiamo questa intensità su una scala che
va da un minimo di 0 a un massimo di 10 e disegniamo un triangolo Δ
intorno
al numero corrispondente, nella sezione PENSIERI.
Soffermiamoci
su
vissuti e sensazioni emotive che abbiamo annotato precedentemente e
chiediamoci qual è secondo noi l'intensità che sentiamo
più 'naturale', più appropriata, più funzionale
per ciascun vissuto e sensazione emotiva in quella situazione.
Valutiamo questa intensità su una scala che va da un minimo di
0 a un massimo di 10 e disegniamo un triangolo Δ
intorno
al numero corrispondente, nella sezione EMOZIONI.
Evidenziamo
infine
quanto i nostri pensieri e/o le nostre emozioni si discostano dalle
reazioni che sentiamo più 'naturali'. In questo modo, abbiamo
a nostra disposizione degli spunti per comprendere, gestire,
affrontare il nostro disagio.
In
sintesi ed a titolo di esempio possiamo (a) individuare i 'pensieri
inopportuni', che ci boicottano e ci fanno stare inutilmente male;
(b) contrastare i pensieri disfunzionali con opportuni 'pensieri
positivi'; (c) individuare le emozioni/sensazioni non-contestuali e
provare a ricondurle ai contesti significativi in cui le abbiamo
apprese; (d) costruire delle strategie per compensare i pensieri e le
emozioni non-contestuali che tendiamo a sperimentare in quelle
situazioni. Può sembrare inizialmente difficoltoso ma è
proprio l'utilizzo di questi spunti che siamo riusciti a ricavare che
può indicarci una via efficace di cambiamento. Infatti, le
direzioni e le strategie, a questo punto, costituiscono il cuore
del processo terapeutico.
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Scheda ‘Vivere con naturalezza’ |
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Esempio:
50 volte il primo esame
Premessa
L'esempio riportato non corrisponde ad alcun caso
clinico reale, sebbene sia liberamente ispirato, in termini di
processo terapeutico, ad alcune situazioni cliniche piuttosto
frequenti.
Chiara ha 22 anni ed ha forti difficoltà con i
propri impegni universitari. Nonostante i numerosi riscontri positivi
ottenuti, la ragazza vive con preoccupazione ed ansia notevoli
ciascun esame del proprio percorso scolastico.
È figlia unica di genitori che si sono separati
quando lei aveva 9 anni. Ha buoni rapporti con entrambi i genitori
nonché con l'attuale compagna del padre. Con la madre, con la
quale convive ha occasionalmente delle forti litigate durante le
quali si rimproverano reciprocamente di essere la causa dei propri
problemi. Al di là delle sfuriate, Chiara sa che la madre ha
sempre fatto tutto ciò che poteva per lei e che si è
sempre sacrificata per consentirle di seguire i propri interessi ed i
propri studi. La ragazza ricorda che le è sempre stato detto
'L'unica cosa che tu devi fare è pensare ad impegnarti in
quello che fai: al resto ci penso io.'
Chiara ha avuto diverse storie sentimentali tutte di
breve durata e concluse con una delusione nei confronti del partner
ritenuto 'incapace di comprendermi'.
Ha
2 amiche con cui si frequenta sin dagli anni del liceo. È
timida e tende a non mettersi in mostra in gruppo, ma questo non le
impedisce di uscire spesso con gruppi di amici/colleghi molto
eterogenei.
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Spunti per un cambiamento
La compilazione della
scheda ha permesso a Chiara alcune riflessioni che le sono state
d'aiuto per affrontare con più efficacia i successivi impegni
universitari.
Vedere altri che
vanno male le fa sentire che anche lei andrà male, ma se vede
altri che vanno bene si convince che lei non potrà essere
così brava. Chiara si accorge che quando è sotto esame
va in confusione rispetto a quello che lei effettivamente vale.
Decide di non guardare più quello che fanno gli altri subito
prima del suo esame e decide di ripetersi mentalmente 'Io ho
studiato in maniera adeguata e responsabile'
Si accorge che
ogni volta vive l'esame come se fosse questione di vita o di morte.
La prossima volta cercherà di ricordarsi che 'Questo esame è
importante, ma non è tutta la mia vita! Poi ne ho già
superati tanti altri anche più difficili!!'
Si rende conto di provare vergogna e
rabbia verso se stessa. Si ricorda che è una
sensazione che ha sempre provato anche da piccola, soprattutto negli
anni in cui i suoi litigavano e poi dopo quando sua madre era sempre
triste e nervosa dopo la separazione. Lei si sentiva in colpa
e provava a fare di tutto per far cambiare idea ai suoi, per farli
essere contenti. Adesso capisce che non era colpa sua, ma dentro di
sé ogni volta che qualcosa va storto sente la stessa vergogna
e la stessa rabbia verso di sé: 'perché sono così
sbagliata!! dovrei essere diversa da come sono'. Dopo aver
pensato queste cose inizia a sentire più tenerezza nei
propri confronti: 'Io continuo sempre a incolparmi di tutto, ma non
è giusto! Non era colpa mia che i miei erano infelici. Io non
devo fare niente per dimostrare che vado bene: io vado bene così
come sono! Me lo devo dire più spesso, soprattutto sotto
esame.'
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© Arturo Mona – 05.03.2010 |
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